Tanta complicità con Frugoo

Il rapporto tra mamma e figlia è qualcosa di unico ed insostituibile ma non sempre è così scontato.
La mamma è il primo oggetto d’amore per ogni figlio ma per le femmine è anche un modello di confronto, una sorta di specchio in cui riconoscersi (o a cui opporsi) e un modello da cui prendere spunto.
Come tutti i rapporti, anche quello tra madre e figlia va costruito, giorno dopo giorno e io credo che giocando sia ancora più bello.
Ecco perché tante volte mi piace giocare con la moda scegliendo anche look mini-me, per sentirci ancora più complici, come lo potrebbe essere in qualsiasi altro momento della giornata, nella scelta della cena, di un programma TV o di un progetto!

frugoo_moda_coordinato_mamma_figlie_coccole_felici_ridere_momeme

Ecco perché adoro i brand che propongono capi coordinati per mamme e figlie, non necessariamente uguali, a volte simili o semplicemente realizzati con lo stesso tessuto per lasciare ad ognuna la propria personalità ma esaltandone il legame, perché sentirsi complici può partire anche da un semplice vestito!

Frugoo ormai lo conoscete perché è tra i miei brand preferiti ma forse non sapete che ogni collezione racchiude al suo interno una piccola capsule per le mamme. Pochi capi, semplici, selezionati e assolutamente adorabili, realizzati con gli stessi tessuti unici delle collezioni kids.

Questa volta non ho resistito ed ho scelto qualcosa di coordinato per tutte e tre. Si tratta di un tessuto di lana jaquard bianco e nero double face, da una parte a pois e dall’altra a quadri.

Per me ho scelto una giacca dal taglio geometrico che esalta il gioco di tessiture del tessuto. Per Nicole una giacca lunga con arricciatura sulla schiena e per Zoe una giacca con un lunghissimo cappuccio da elfo!
Le giacche delle bimbe sono foderate di un secondo tessuto di lana per aumentarne la morbidezza e per renderle perfette anche come capospalla nelle mezze stagioni.

Divertirsi insieme crea complicità, sempre! 😉

Vi lascio con una bellissima poesia, da mamma a figlia…

 

“Sii fiera di te,
perché in qualsiasi modo sarai,
sarai perfetta,
e i tuoi difetti non dovrai nasconderli,
bensì modellarli,
eliminarne gli spigoli,
ed anche essi saranno perle da conservare.
Non cercare mai di essere diversa da quel che sei,
tutela la tua natura qualsiasi essa sia,
perché è quella che il cielo ti ha donato,
ed è la stessa che io ho scorto per la prima volta
alle cinque e quaranta
del lontano 21 Maggio
nei tuoi occhi, socchiusi, ma già lucenti.
Se cadrai, non sentirti fallita,
ma rialzati, ricomincerai il cammino con più sicurezza.
Se non raggiungerai un obiettivo, non sentirti un’inetta,
ma va avanti,
vorrà dire che ad aspettarti
ci sarà una meta ancor più avvincente.
Ciò che non otterrai
non era già tuo da prima;
ciò che sarà tuo
ti aspettava da sempre.
Non rimpiangere quello che ti mancherà.
Non dare mai per scontato invece quello
che stretto tra le tue mani sarà.
I tuoi profondi occhi verdi
rideranno, piangeranno,
osserveranno silenziosi
come già spesso fai,
diventeranno ancora più brillanti quando t’innamorerai.
Quando eri piccola piccola ed inciampavi,
io non ti soccorrevo subito,
ma aspettavo che cercassi di rialzarti da sola,
per insegnarti a saperlo fare da grande
senza l’attesa di un sostegno,
quando io forse non ci sarei stata,
ma forte ti avrei, lieta, saputa.
Quando correvi per la spiaggia
o giocavi nella terra in giardino,
ti lasciavo sporcare, rotolare,
urlare, divertire,
per regalarti la libertà,
per dirti di pretenderla se ti fosse mai stata negata,
per cancellare in te ogni blocco,
ogni costrizione,
per insegnarti a vivere spontaneamente ogni emozione,
e per insegnarti ancora a non aver paura,
a scoprirti esploratrice.
Sapevo che, così come nel gioco,
tu saresti stata nella vita una vincitrice.
Quando bisticciavi con le tue amichette,
aspettavo a correre a difenderti,
attendevo che lo facessi da sola,
facendomi forza,
sapevo che della vita quella era la vera scuola.
Ma mia piccola cara bambina,
dopo che eri inciampata e poi da sola rialzata,
io ero corsa a prenderti la mano;
quando avevi finito di giocare, urlare, saltare,
io ero venuta a prenderti felice e sporca,
e ti ero corsa a lavare;
e quando ti eri ormai difesa dalle amiche dispettose
ero arrivata io ad abbracciarti.
Questo perché dopo ogni tua piccola grande vittoria
ottenuta solo con le tue forze
e che ti aveva inferto sicurezza e autostima
comparivo io, dimostrandoti la mia presenza
certa, indiscutibile, amorevole.
Volevo unire in te la forza alla sicurezza,
volevo crearti l’abito della vita,
che tu avresti indossato sempre,
orgogliosa e fiera.
Orgogliosa e fiera di te stessa
ti auguro di essere figlia mia,
umile e dignitosa,
e quando ti sorprenderai ad essere così meravigliosa
ricorda,
non è stato merito mio,
ciò che io
ho fatto è stato solo far venire fuori il meglio
che era già custodito in te.
Era un tuo diritto
che ciò venisse fatto,
è il diritto di ogni bambino
che non ha chiesto di venire al mondo.
Noi genitori serviamo a questo:
trattare al meglio le vostre ali
per poi farvi spiccare
nel modo migliore possibile
uno splendido volo.”

di Lucia Carluccio

Photo by Simo Pincia PhotoArtist